Chi Siamo
La storia di tutti
Movimento operaio e sindacale
La sua prima origine fu strettamente collegata alla Rivoluzione industriale, con la quale si affermò la divisione netta tra proprietari dei mezzi di produzione (capitalisti) e prestatori di forza lavoro a pagamento (operai) privi di ogni potere decisionale riguardo al processo produttivo.
All’interno del movimento operaio maturò ben presto la convinzione che il proletariato costituisse una classe con interessi distinti e antagonistici rispetto a quelli anzitutto della borghesia industriale, ma anche degli altri tipi di borghesia.
Entrò in uso nella seconda metà dell’Ottocento anche l’espressione 'movimento sindacale', che venne a indicare più specificamente le molteplici forme di organizzazione dell’insieme dei lavoratori (leghe, camere del lavoro, federazioni di mestiere, confederazioni ecc.), nonché le loro proiezioni ideologiche.
Le prime forme associative furono le società di mutuo soccorso, nate con finalità di tutela in caso di malattia e infortunio, e che, quando si passò alla contrattazione delle condizioni di lavoro con il padronato e allo scontro, sostennero spesso il costo economico degli scioperi operai.
Il movimento operaio fu caratterizzato fortemente dalle peculiari radici non solo politiche ed economiche ma anche etico-religiose delle diverse realtà di appartenenza, nonché dalle specificità professionali e dalla fisionomia dei diversi lavori artigianali.
Del movimento operaio fecero infatti parte, specie all’inizio, non solo gli operai della grande industria, ma anche quelli delle imprese artigianali.
A livello internazionale, in primis in Inghilterra, solo dal 1825 fu riconosciuto il diritto di associazione.
Dal 1842 iniziò un vasto movimento di scioperi di massa che indusse il Parlamento inglese a varare una legge sulle miniere e preparò il terreno sociale e culturale per una legge che fissasse la giornata lavorativa a dieci ore, ottenuta poi nel 1847.
Allo scoppio della grande rivoluzione sociale europea del 1848, il movimento operaio inglese aveva elaborato i principali parametri di riferimento per l’azione e per le rivendicazioni di tutto il movimento operaio europeo, rimasti costanti per l’intera fase storica del capitalismo manifatturiero e industriale:
- l’astensione collettiva dal lavoro (sciopero), con varie modalità di esecuzione, rivolta a premere sui padroni e sullo Stato e insieme strumento di coesione e di identità;
- l’elaborazione di rivendicazioni economiche (dal salario all’orario) e la richiesta di diritti sociali nell’ambito del rapporto di lavoro, in forma collettiva e «contrattata»;
- la costruzione di strumenti organizzativi di rappresentanza, di tutela e di direzione del movimento rivendicativo e di lotta, con il fine di generalizzare e stabilizzare le conquiste economiche e normative e di esercitare un controllo sul mercato del lavoro.
In Italia il movimento operaio ebbe come iniziale forma organizzativa le poche società di mutuo soccorso, sorte nel Nord della penisola pochi anni prima dell’unità, controllate dai moderati e aventi come iscritti ben pochi operai dell’industria in senso stretto. Nel primo decennio postunitario avevano già preso il sopravvento le società di mutuo soccorso di ispirazione mazziniana, le quali rimanevano comunque lontane da un disegno strategico di contrapposizione di classe, dato anche il ritardo del processo di industrializzazione italiano rispetto a quello di altri Paesi.
Solo negli anni Ottanta, e non a caso in concomitanza con il primo vero avvio dell’industrializzazione, si fecero strada idee e organismi organizzativi di ispirazione socialista, grazie ad attivisti e teorici come Andrea Costa, Filippo Turati, Antonio Labriola.
In quegli anni si diffusero anche organizzazioni di mestiere e sorsero le prime Camere del lavoro su base ancora territoriale, con lo scopo di erogare assistenza e di sottrarre il collocamento all’esoso controllo degli intermediari privati. La prima Camera del lavoro vide la luce a Milano nel 1891 per opera di Osvaldo Gnocchi-Viani. Esse costituirono l’ossatura del movimento sindacale italiano, che nel 1906 diede vita al primo coordinamento sindacale italiano su scala nazionale con la fondazione della Confederazione Generale del Lavoro (CGL).
Tuttavia nel 1906 le finalità strettamente assistenziali si erano già da tempo connotate in senso politico.
Per qualche informazione in più...
La sua prima origine fu strettamente collegata alla Rivoluzione industriale, con la quale si affermò la divisione netta tra proprietari dei mezzi di produzione (capitalisti) e prestatori di forza lavoro a pagamento (operai) privi di ogni potere decisionale riguardo al processo produttivo.
All’interno del movimento operaio maturò ben presto la convinzione che il proletariato costituisse una classe con interessi distinti e antagonistici rispetto a quelli anzitutto della borghesia industriale, ma anche degli altri tipi di borghesia.
Entrò in uso nella seconda metà dell’Ottocento anche l’espressione 'movimento sindacale', che venne a indicare più specificamente le molteplici forme di organizzazione dell’insieme dei lavoratori (leghe, camere del lavoro, federazioni di mestiere, confederazioni ecc.), nonché le loro proiezioni ideologiche.
Le prime forme associative furono le società di mutuo soccorso, nate con finalità di tutela in caso di malattia e infortunio, e che, quando si passò alla contrattazione delle condizioni di lavoro con il padronato e allo scontro, sostennero spesso il costo economico degli scioperi operai.
Il movimento operaio fu caratterizzato fortemente dalle peculiari radici non solo politiche ed economiche ma anche etico-religiose delle diverse realtà di appartenenza, nonché dalle specificità professionali e dalla fisionomia dei diversi lavori artigianali.
Del movimento operaio fecero infatti parte, specie all’inizio, non solo gli operai della grande industria, ma anche quelli delle imprese artigianali.
A livello internazionale, in primis in Inghilterra, solo dal 1825 fu riconosciuto il diritto di associazione.
Dal 1842 iniziò un vasto movimento di scioperi di massa che indusse il Parlamento inglese a varare una legge sulle miniere e preparò il terreno sociale e culturale per una legge che fissasse la giornata lavorativa a dieci ore, ottenuta poi nel 1847.
Allo scoppio della grande rivoluzione sociale europea del 1848, il movimento operaio inglese aveva elaborato i principali parametri di riferimento per l’azione e per le rivendicazioni di tutto il movimento operaio europeo, rimasti costanti per l’intera fase storica del capitalismo manifatturiero e industriale:
- l’astensione collettiva dal lavoro (sciopero), con varie modalità di esecuzione, rivolta a premere sui padroni e sullo Stato e insieme strumento di coesione e di identità;
- l’elaborazione di rivendicazioni economiche (dal salario all’orario) e la richiesta di diritti sociali nell’ambito del rapporto di lavoro, in forma collettiva e «contrattata»;
- la costruzione di strumenti organizzativi di rappresentanza, di tutela e di direzione del movimento rivendicativo e di lotta, con il fine di generalizzare e stabilizzare le conquiste economiche e normative e di esercitare un controllo sul mercato del lavoro.
In Italia il movimento operaio ebbe come iniziale forma organizzativa le poche società di mutuo soccorso, sorte nel Nord della penisola pochi anni prima dell’unità, controllate dai moderati e aventi come iscritti ben pochi operai dell’industria in senso stretto. Nel primo decennio postunitario avevano già preso il sopravvento le società di mutuo soccorso di ispirazione mazziniana, le quali rimanevano comunque lontane da un disegno strategico di contrapposizione di classe, dato anche il ritardo del processo di industrializzazione italiano rispetto a quello di altri Paesi.
Solo negli anni Ottanta, e non a caso in concomitanza con il primo vero avvio dell’industrializzazione, si fecero strada idee e organismi organizzativi di ispirazione socialista, grazie ad attivisti e teorici come Andrea Costa, Filippo Turati, Antonio Labriola.
In quegli anni si diffusero anche organizzazioni di mestiere e sorsero le prime Camere del lavoro su base ancora territoriale, con lo scopo di erogare assistenza e di sottrarre il collocamento all’esoso controllo degli intermediari privati. La prima Camera del lavoro vide la luce a Milano nel 1891 per opera di Osvaldo Gnocchi-Viani. Esse costituirono l’ossatura del movimento sindacale italiano, che nel 1906 diede vita al primo coordinamento sindacale italiano su scala nazionale con la fondazione della Confederazione Generale del Lavoro (CGL).
Tuttavia nel 1906 le finalità strettamente assistenziali si erano già da tempo connotate in senso politico.
Per qualche informazione in più...